13-16 settembre 2007
Altopiano di Asiago
Partecipanti 9:
Alessandro M, Antonio, Claudio, Gianluca, Marco B, Marco M, Paolo C, Paolo F, Silvano
SpoNpa per me indimenticabile, poiché il primo!
Alcuni elementi degni di nota:
La discesa su pista da sci del Verena, la conoscenza dell’oste filosofo Alessio del Rifugio Larici, l’abbuffata al Mandrielle, il livello bassissimo dei mezzi a disposizione e capacita tecniche dei partecipanti….
1° giorno
Rifugio Granezza – Roana – Verena – Ghertele – Rifugio Larici
2° giorno
Rifugio Larici – Bocchetta Portule – Bivio Italia – Campo Gallina – Ortigara – Malga Mandrielle – Campomulo
3° giorno
Campomulo – Città dei Sassi – Foza – Rifugio Granezza
e qui sotto potete leggere il resoconto di Gianluca
SPONPATOUR 2007 |
Anche quest’anno, nonostante i mille problemi che per 11 mesi e mezzo si nascondono in attesa di conoscere la data dell’evento fatidico ( compleanni del nipote, battesimo di un parente del quale si ignorava l’esistenza, clienti che per 11 mesi non si sono fatti vedere e che il martedì sera ti chiedono un lavoro per la fine della settimana), si è potuto celebrare il rito dello sponpatour.
Sembrerà banale parlare di “rito” ma il mondo si divide in due categorie di persone: chi c’è stato e chi … ha perso un’occasione.
L’Altopiano di Asiago, scelto per la bellezza dei luoghi, per la ciclabilità dei percorsi, per l’ospitalità che già avevamo sperimentato e, perché no, anche per il fascino dei ricordi della grande guerra, anche in occasione dello Sponpatour 2007 non ci ha tradito. Un’altra componente fondamentale nella riuscita dello Sponpatour è il tempo che, grazie anche al fattore “C”, è stato dalla nostra parie.
Ma al di là delle bellezze geografiche e delle fortune meteorologiche l’ingrediente principale per la riuscita dello Sponpatour è sempre stato uno ed uno solo : il GRUPPO.
Le caratteristiche principali dello sponpista sono infatti: spirito di sacrificio, capacità di adattamento, pazienza, voglia di divertirsi, passione per “il mangiare ed il bere”.
La bicicletta in fondo è quasi il pretesto per una tre giorni “alla catena” in cui si ritorna tutti bambini (tanto chi ci vede).
Il GRUPPO quest’anno era composto da vecchie glorie, alcuni juniores e parecchi esordienti.
Inutile ricordare nel dettaglio i percorsi, le cose viste, che comunque al di là del nome resteranno impresse per molto tempo nella mente di ciascuno di noi.
Quello che è forse più divertente ricordare sono le nostre facce, gli episodi collegati a questo o quel luogo.
Tanti sono gli episodi divertenti in cui più o meno tutti siamo stati protagonisti.
Il primo mi ha visto protagonista quando, a km “zero”, scopro di avere lasciato a casa gli scarpini. Attimi di panico e chiara consapevolezza di stare facendo la figura del coglione, ma non resta altro che dichiarare l’errore e fortunatamente San Paolo C. (memore di una situazione analoga) ne aveva un paio di riserva. Ammetto che nei tratti a piedi, siccome erano un po’ precise, qualche doloretto lo sentivo, ma non ho mai avuto il coraggio di lamentarmi.
Si parte!
E qui comincia la sequenza delle giustificazioni : 1) sono tornato ieri dalle ferie e non mi sono potuto allenare tanto; 2) non conosco il percorso per cui mi voglio risparmiare; 3) ho mangiato troppo a colazione per cui parto piano; 4) con la bicicletta nuova ancora non mi sono abituato.
Tutte cazzate. Alla prima salitina cominciano gli sguardi trasversali volti a determinare: a) forma e consistenza del polpaccio, b) tipo di rapporto utilizzato e, e) soprattutto per i più esperti, lucidità del bulbo oculare. Perché siamo tutti amici e questa è una scampagnata, ma stare proprio in fondo ….
Comunque fortunatamente ci sono i due Marchi che con molta filosofia si accomodano in coda al treno e seguono con molto onore.
A nessuno piace stare in fondo ma tra tutti direi che il soprannome “scattino” potremmo assegnarlo ad Antonio che le posizioni di rincalzo proprio non le digerisce e appena qualcuno gli mette la ruota davanti …. hoop … eccolo che arriva!
Bella e lunga la salita dell ‘Ortigara con arrivo al Forte Verena. Confesso che salendo per un attimo ho pensato di avere sbagliato strada, ma anche in questo caso non ho detto niente per non intaccare la fiducia in me riposta come guida.
Bella anche la discesa al Verenetta dove il menù del ristorante ha demolito in un attimo i nostri propositi di un pranzo leggero.
D’altra parte la faccia amletica di Paolo C. davanti al dubbio “cervo o cotoletta” lasciava poche speranze alla seconda ipotesi.
Da ricordare la figuraccia di Sandro che voleva impressionare la titolare del ristorante mostrando una certa competenza nella disciplina dello sci alpino. Peccato che entrando non si era accorto, guardando le numerose fotografie esposte, che la tipa aveva gareggiato in Coppa del Mondo.
La vera competenza riconosciuta di Sandro era comunque necessaria, e fortunatamente non c’è mai stato bisogno, in caso di problemi meccanici dove il Tecnico, come nella canzone di Battisti, con un cacciavite in mano fa miracoli.
Sì riparte in direzione Malga Larici dove Alessio, il gestore – filosofo perennemente ubriaco, ci accoglie con un bel bicchiere di verduzzo (alla faccia degli integratori).
Il bello delle escursioni fuori stagione è che i rifugi sono praticamente tutti per noi, si trasformano quasi in una “casa”. A parte il nostro gruppo c’era infatti solo un simpatico signore che, vestito in pantaloni corti, maglietta mezze maniche e ciabatte, probabilmente era stato abbandonato dalla famiglia nel mese di agosto.
La serata trascorre in allegria e, nonostante le ripetute affermazioni che la giornata non è stata poi così dura, alle 21.30 tutti si incamminano senza rimpianti verso le camerate.
Il giorno seguente è la volta dell’Ortigara.
Prima però ci attende una generosa colazione con assaggio di burro di malga. Ricordo solo di avere visto Sandro, solo perché era il più vicino, mettere su una fetta di pane una mattonella di burro che doveva pesare intorno ad un etto e mezzo.
Quindi l ‘Ortigara, Teatro di sanguinose battaglie porta ancora, quasi cento anni dopo, i segni della devastazioni. Siamo qui per divertirci ed il nostro non è un pellegrinaggio ma la visione dei luoghi comunque risveglia in tutti un profondo rispetto per le migliaia di persone che vi hanno perso la vita.
A metà della discesa dall ‘Ortigara, impegnativa per il fondo roccioso, Marco B manifesta, data l’ora, sintomi di calo ipoglicemico che producono una mezza bizza. Ma d’altra parte poiché il posto è bello, il tempo è buono e non ci sono problemi d’orario, lo facciamo rifornire di merendine.
La discesa prosegue e Paolo F. mostra doti d’equilibrio non indifferenti. Infatti mentre in salita ci si alterna alla testa del gruppo, quando la discesa si fa impossibile, solo e soltanto lui rimane in sella. Ma d’altra parte anche in salita ho avuto più volte la sensazione che abbia lasciato andare i ragazzi. Il pranzo vero ci attende a Malga Mandrielle (un’altra certezza!) dove, oltre ad assistere al misterioso fenomeno dell’evaporazione del vino, asiago e soppressa vengono volatilizzati in un attimo senza che nessuno si periti di chiedere se ci potevano rifornire di coltello e forchetta.
Tante sono le persone che si incontrano durante queste uscite e qualcuna rimane impressa per una particolarità, un gesto. Ad esempio siamo stati seguiti per tre giorni da uno strano soggetto che parlava con una macchina fotografica (Silvano). Probabilmente gli insegnamenti filosofici di Alessio avevano trovato un discepolo, comunque era divertente osservarlo mentre girava con aria smarrita e con la macchina fotografica in mano mentre diceva: “mucche al pascolo a Campomulo”. Probabilmente qualcuno avrà anche detto : guarda questi deficienti di Firenze come la usano!!
In tutti gli sponpatour c’è sempre inoltre quello un po’ più tranquillo e compassato degli altri. Ci sono persone che sia per l’aspetto che nei modi infondono tranquillità (in senso positivo). Direi che queste sono le caratteristiche di Claudio, ma d’altra parte la forza e l’importanza di queste persone è anche quella di aumentare la coesione del gruppo, miscelando l’esuberanza degli altri.
La seconda sera a Campomulo siamo partiti con la rincorsa. Birrette come aperitivo, vino a tavola, limoncello come digestivo a volontà. I postumi sono stati smaltiti, fra discorsi inconcludenti e bischerate, appoggiati come tordi su un cavo elettrico, alla staccionata fuori del rifugio. Un particolare della cena: Marco M., ultimo in salita ma sempre tra i primi a tavola, giocando d’anticipo si è fatto portare l’osso dello stinco di maiale mentre gli a1tri si sono dovuti accontentare di guardarlo con occhi vogliosi. Tra l’altro è doveroso ricordare che, benchè quasi sempre ultimo, Marco M. nell’occasione ha ricevuto un complimento un po’ trasversale, ma bisogna anche sapersi accontentare, del tipo : “Tutto sommato, con una zavorra come la tua, vai forte!”.
Terzo giorno : Monte Fior. Percorso molto bello e particolare, non impegnativo e con arrivo alla cima senza problemi.
L’unica nota fuori dal coro è stato Paolo C. che così commentava : (in salita) “Bello, sembra la salita della Calvana da11e Croci”; (in discesa) “Bello, sembra la discesa in Calvana da Valibona”; (in cima) “Bello, sembra la cima della Calvana”. A questo punto i casi sono due: 1) era ancora in preda ai fumi dell’alcool; 2) l’anno prossimo sta a Campi e si fa tre giorni di Calvana, così mangia a casa, donne nel suo letto e magari gli riesce anche di portare il bambino a scuola.
II giro si sta concludendo ed ormai si pedala solo per raggiungere le macchine al Rifugio Granezza da dove siamo partiti. L’euforia dei giorni precedenti si sta lentamente spegnendo ed ognuno di noi comincia a riattaccare la spina. Anche la strada che ci separa dall’arrivo a questo punto è probabilmente soltanto un fastidio.
Prima di partire ci attende comunque uno “spuntino” tanto per non perdere l’abitudine, dopodiché si rimonta in macchina e si ritorna con piacere verso i nostri cari e purtroppo anche verso i nostri c …i.
Credo che ci ricorderemo tutti volentieri di questo sponpatour perché si è trattato di un momento in cui nove amici per un attimo hanno fatto vita comune, condiviso emozioni, riso e scherzato insieme, e, perché no, fatto anche qualche discorso serio. Nessuno di noi potrebbe o vorrebbe che tutti i giorni fossero così, perché forse sarebbe una vita troppo vuota, però ogni tanto una sana goliardata tra runici bisogna pur concedersela …..
. . . . . . allo Sponpatour 2008
26 Ottobre 2007
Gianluca